ELISA BERTAGLIA
Concerto. Singing over the Bones
A cura di Rossella Farinotti
16 marzo 2019/31 maggio 2019
Inaugurazione: sabato 16 marzo 2019 h.18
SINGING OVER THE BONES
Rossella Farinotti
Simbologie e riti da compiere; figure astratte che, minuziosamente stratificate, coprono anche i vaghi accenni formali di elementi di corpi di bambine, cervi o cani, e rielaborano una visione sempre più complessa; materiali differenti – tele, carte orientali, seta, cemento, ossa, ceramica – utilizzati con approfondito studio e una ricerca molto assidua; sculture nuove – le prime realizzate dall’artista – in cemento e ossa di pesce che hanno la funzionalità di totem da osservare e superare. Il percorso di Concerto. Singing over the Bones può iniziare da una lista di elementi che Elisa Bertaglia ha rielaborato e messo in posa statica su dipinti, disegni e sculture dopo aver lavorato a un nuovo corpo di lavoro per più di due anni. Un biennio molto intenso per l’artista veneta che ha scelto, con il marito, di non fermarsi mai, viaggiando il più possibile in quelle città di ispirazione professionale – da New York alla Germania fino a un viaggio da realizzare in Giappone –, per assumere le tante opere d’arte viste in mostre e musei e per incontrare soggetti capaci di rappresentare dei contrappunti per un dialogo artistico sempre aperto. Le opere della Bertaglia colpiscono anche per questo: per l’instancabile lavoro, l’energia e la passione riposta all’interno della sua pragmatica e poetica attività. Raramente ho incontrato una artista così.
La Bertaglia è come le sue opere: non appaiono tanto complesse se non si conoscono. Basta però un secondo sguardo per cogliere delle suggestioni che si attestano nell’immaginario del fruitore. I dipinti e i disegni parlano chiaro: sono dei labirinti densi di segni – alcuni leggeri come quelli in matita che fanno scoprire, passo dopo passo, figure sempre più piccole e laboriose, altri ad olio più tangibili nella materia e nel colpo d’occhio – e forme sospette perché di lettura non semplice. Che cosa rappresentano questi lavori che, in mostra da Martina Corbetta, sono stati condensati in un percorso il più lineare possibile? Raccontano storie, rappresentano paesaggi – reali o no, non importa – e contesti onirici. Gli ultimi dipinti, realizzati tra il 2017 e il 2019, svelano un rigore nella stesura del colore quasi dolorosa, perché in continuo cambiamento e in costante tensione. Dopo due anni di studi e ricerche tra Stati Uniti e Italia, l’artista mette in mostra gli sviluppi del suo ultimo corpo di lavoro attraverso riflessioni più severe sulla natura e sull’infanzia, in chiave rappresentativa pur sempre irreale e metaforica. Le tematiche del paesaggio, dell’umano celato, del buio, della natura e delle forme astratte, sono state analizzate dall’artista sotto diversi aspetti e media: dalla carta di tipo orientale al cemento, dalle ossa di pesci – ironicamente recuperati ai mercati – alle ceramiche cotte durante una residenza presso Officine Saffi a Milano nel 2017, fino al tessuto di seta leggero, per celare come in un voyerismo privato la pittura elaborata su più piani della tela. E poi le tre grandi colonne, di due metri e mezzo, in cemento realizzate da Elisa in maniera assolutamente autodidatta ed energica per creare un’installazione site specific in galleria: un passaggio ad ostacoli che, una volta varcata la soglia, va superato per affrontare le opere disegnate e dipinte, guardandole con cura. Quella stessa cura con cui l’artista, accompagnata da sottofondi musicali che hanno ispirato il titolo della personale, mescola il suo vissuto con le suggestioni del mondo dell’arte che la appaga, quello di artisti diversi – da storici a contemporanei – e con un immaginario spirituale, spesso in bilico tra il surreale, l’inquieto e il naturale. L’ultima grande carta realizzata, la prima incontrata nel percorso della mostra, rappresenta un po’ questo macro-mondo complicato che viene via via sviluppato attraverso le altre opere che, come in un puzzle, ricompongono la storia.
“Troviamoci in galleria. Elisa sta ripartendo per gli Stati Uniti, poi forse va in Giappone e vuole mostrarci dei nuovi lavori che ha realizzato”. Inizia così, nel 2017, il racconto di un progetto elaborato da Elisa Bertaglia nell’arco di due anni. Concerto. Singing over the Bones è un percorso che mette in mostra più di trenta opere di diverse dimensioni che l’artista ha svelato per raccontare numerose esperienze, cambi di rotta e stratificazioni di materia e pensiero. Macchie di colore sopra paesaggi e accumuli di ossa, corna di animali o foglie di pioppi, minuziosamente disegnati a matita, a creare delle texture come base solida sopra cui l’artista è andata a giocare con forme, colorazioni e materiali nuovi, lasciando anche al caso – nelle ceramiche ad esempio – la resa per gli occhi.
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